Quante email hai inviato nella tua vita?
Nella vostra vita digitale quante email avete inviato e con chi?
Quale è la persona con cui avete corrisposto di più e che connessione ha con le altre della vostra sfera?
Ora potete verificarlo visualmente attraverso un progetto di Cesar Hidalgo, professore di media art al Mit Media Lab: Immersion.
Hidalgo lavora da anni sui metadati, ma solo di recente, con lo scandalo Datagate, e la scoperta di come la National Security Agency ne faccia ghiottamente incetta, questi ultimi hanno cessato di essere un argomento da addetti ai lavori e sono diventati familiari anche al lettore comune.
In sostanza, i metadati sono dati riguardanti altri dati: informazioni sull’apparecchio con cui si è realizzato lo scatto e sulla qualità dell’immagine, nel caso delle foto digitali; durata e origine delle chiamate, per le conversazioni telefoniche; soggetto, ora di invio e nome di ricevente e destinatario, nel caso di un’email. Lungi dall’essere semplici annotazioni statistiche, i metadati possono rivelare molto di una persona e della sua rete di relazioni – sono informazioni sensibili. Anche perché, rileva il docente del Mit, “i dati non hanno senso senza gli umani”, e questo è quantomai vero oggi, che ognuno di noi, attraverso smartphone, telefoni, bancomat e email ne produce un’immensa quantità ogni giorno.
L’email, in particolare, può fornire un quadro preciso della nostra vita. “Sono passati quasi due decenni dall’inizio del Web – si legge nella presentazione di Immersion – Questo significa che il Web non è più soltanto una tecnologia del nostro presente, ma anche un registro del nostro passato”. E l’email era lì fin dall’inizio, anzi, come strumento di comunicazione precede addirittura il Web. Per questo i ricercatori l’hanno scelta per mostrare tutta la potenza dei metadati.
Per il momento, funziona solo con Gmail: ci si connette con il proprio account sull’apposito sito, e il sistema scansione i metadati di tutti i messaggi che ci siamo scambiati in anni e anni di corrispondenza; da lì, traccia una rappresentazione visuale del nostro network. È, sostengono i ricercatori, “uno strumento di riflessione su di sé, in un periodo in cui lo zeitgeist è rivolto solo all’auto-promozione”. Per placare eventuali timori relativi all’abuso di privacy, Immersion, al termine dell’esperimento dà l’opportunità di cancellare tutti i dati raccolti.
Ecco il link per provarlo: https://immersion.media.mit.edu
È sufficiente esplorare per un quarto d’ora Immersion per avere un’idea molto più chiara di quanti metadati orbitino intorno al nostro quotidiano scambio di email, e del perché l’NSA abbia tanto interesse a entrarne in possesso. Per quanto possa sembrare un tool sviluppato apposta per sensibilizzare l’opinione pubblica su PRISM, in realtà al MIT lavorano su Immersion da anni, con l’obiettivo di informare meglio gli utenti sul vero significato della privacy online.
Un obietto raggiunto: farci riflettere su come comunichiamo, e con chi.
Tratto da La Stampa e altri articoli
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