L’ITU approva i sistemi di Deep Packet Inspection
Forse non tutti conoscono la Deep Packet Inspection, o Dpi: non è altro che una tecnologia che consente agli amministratori di Rete e ai provider di individuare e discernere un tipo di pacchetti di dati da un altro nell’ambito del loro network. La Dpi, purtroppo, è anche usata da autorità e governi per monitorare o impedire comunicazioni online.
Di per sé, la Deep Packet Inspection, o Dpi, è una tecnologia come un’altra, permette agli amministratori di Rete e ai provider di identificare e distinguere un certo tipo di pacchetti di dati da un altro in circolazione all’interno del loro network. Tuttavia, il nome è legato per lo più a episodi poco piacevoli, dato che la Dpi è una delle tecniche più efficaci dimonitoraggio delle comunicazioni Internet ed è spesso utilizzata da dittatorie simili per sorvegliare o inibire le comunicazioni online.
Può essere adoperata, ad esempio, per isolare e bloccare tutto il traffico Skype , identificare gli utenti di network peer-to-peer. Ecco perché la notizia che nel corso della conferenza mondiale dell’International Communication Union (Itu) in corso a Dubai , su proposta della Cinasarebbe stato adottato, come in effetti poi è avvenuto, uno standard unico e vincolante per uniformare le procedure Dpi, ha fatto alzare più di un sopracciglio.
Anche per le modalità con cui la notizia è filtrata. A far circolare la bozza del provvedimento è stata una giornalista e attivista australiana, Asher Wolf, che ne è entrata in possesso dopo aver inoltrato una richiesta via Twitter al responsabile delle comunicazioni esterne dell’Itu. Il quale gliel’ha inviata, salvo poi, pochi minuti dopo, resosi forse conto dell’errore, chiederle di non mostrare a nessun altro il documento. Richiesta inaccettabile secondo Wolf, che ha invece subito postato online il materiale .
Non si tratta, come detto, di uno scoop vero e proprio: dal punto di vista strettamente tecnico non c’è niente di nuovo e anche la comparsa della bozza ancora da rivedere può essere attribuita più a una leggerezza che a un presunto “leak”; quello che davvero stupisce e inquieta è la tranquilla noncuranza con cui l’organizzazione delle Nazioni Unite bypassa qualsiasi possibile preoccupazione in materia di privacy degli utenti .
A giudizio di molti commentatori , il documento trapelato sembrerebbe quasi scritto sotto dettatura delle compagnie di telecomunicazioni, che potrebbero sfruttare la Deep Packet Inspection anche come strumento per combattere la cosiddetta “neutralità della Rete” e adottar politiche di prezzo variabili a seconda del tipo di traffico a cui l’utente vuole accedere. E pazienza se così facendo si rischia di intaccare di riflesso la riservatezza delle comunicazioni. Non tutti però la pensano così.
[tratto da La stampa]
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